Bruno Munari diventa padre nel 1940. Stimolato dal
suo rapporto col figlio Alberto, inventa libri per bambini estremamente
innovativi, che avranno un grande successo di pubblico e verranno ristampati in
diverse lingue.
I suoi studi sul design e sulla comunicazione visiva
gli hanno permesso di sperimentare differenti linguaggi e progettare libri per
i più piccoli. L’originalità delle sue invenzioni ha influenzato molti autori e
illustratori contemporanei, ma soprattutto, i suoi libri hanno dato una svolta importante
nel campo dell’educazione allo sguardo e della didattica.
I Libri illeggibili creati nel 1949, nascono da una riflessione sull’idea dell’oggetto-libro. Sono libri che tralasciano completamente la comunicazione testuale ed utilizzano soltanto quella visiva. La novità, è che oltre al senso della vista viene stimolato anche il senso del tatto, che comunica al bambino la diversità dei materiali con cui i libri sono costruiti. Sono libri incentrati quindi sulla percezione dell’oggetto, sperimentando un nuovo modo di comunicare con i più piccoli.
I Libri illeggibili creati nel 1949, nascono da una riflessione sull’idea dell’oggetto-libro. Sono libri che tralasciano completamente la comunicazione testuale ed utilizzano soltanto quella visiva. La novità, è che oltre al senso della vista viene stimolato anche il senso del tatto, che comunica al bambino la diversità dei materiali con cui i libri sono costruiti. Sono libri incentrati quindi sulla percezione dell’oggetto, sperimentando un nuovo modo di comunicare con i più piccoli.
Su questi libri Munari scrive: “Questo è un problema di sperimentazione delle possibilità di
comunicazione, visiva del materiale editoriale e delle sue tecniche. (…) Lo scopo di questa sperimentazione è stato
quello di vedere se è possibile usare il materiale col quale si fa un libro
(escluso il testo) come linguaggio visivo. Il problema quindi è: si può
comunicare visivamente e tattilmente, solo con i mezzi editoriali di produzione
di un libro? Ovvero: il libro come oggetto, indipendente dalle parole stampate,
può comunicare qualcosa? E che cosa? ” (Munari B., Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia progettuale).
Sperimenta dunque tutti
i tipi di carte possibili per vedere le loro
qualità e le loro possibilità. Sperimenta anche i formati delle pagine che,
tutti uguali comunicano monotonia, mentre diversi danno più ritmo, perciò
organizza l’andamento dei tagli delle pagine, in verticale, orizzontale o
obliquo. Sperimenta infine, i colori delle pagine che aumentano ulteriormente l’effetto
ritmico e creano, sovrapponendosi, nuove forme. Questi libri non hanno un
ordine visivo, ma si possono leggere cominciando da qualunque pagina, pertanto
la lettura stessa avrà delle combinazioni ogni volta diverse.
Dalle sperimentazioni sulle possibilità visive della
carta nascerà Nella nebbia di Milano,
edito nel 1968 dalla Emme Edizioni. Questo libro racconta di un viaggio
attraverso una fitta nebbia resa dall’effetto trasparente della carta da
lucido, attraverso il paesaggio metropolitano della città di Milano e che ci
porta al circo, un insieme di pagine colorate e divertenti con strani
personaggi circensi intenti a fare delle prove bizzarre e incredibili per lo
spettacolo, per poi tornare a casa attraversando il parco, sempre immersi nella
nebbia. La carta diviene parte della narrazione e della percezione
dell’ambiente in cui si svolge la vicenda e invita il bambino a scorrere le
pagine per comporre il gioco visivo messo in atto dall’artista. Gli occhi scoprono
i giochi di trasparenza e la nebbia, per il piacere del bambino, diventa quasi
tattile.
Questi libretti sono stati pensati per rispondere ad
un problema: “Sono più di quanto non si
creda le persone che non hanno mai letto un libro. (…) Esse non sanno che nei
libri c’è il sapere, che grazie ai libri l’individuo può aumentare le conoscenze
dei fatti e capire molti aspetti di quello che succede, che i libri possono
svegliare altri interessi, che i libri aiutano a vivere meglio.” (Munari
B., Da cosa nasce cosa: appunti per una
metodologia progettuale).
Pertanto i Prelibri
sono destinati a bambini molto piccoli che non sanno ancora leggere e che, ricordando
gli insegnamenti di Piaget, sono predisposti, nei primi anni di vita, a
conoscere il mondo che li circonda soprattutto attraverso tutti i loro recettori
sensoriali. Sono particolarmente attenti alle sensazioni, oltre che visive e
sonore, anche tattili, materiche, olfattive, termiche. I Prelibri offrono appunto questa varietà di stimoli, sensazioni e
emozioni, grazie ai diversi materiali con cui sono costruiti, ai colori, alle
rilegature e alla loro esplorazione attraverso il gioco. Scrive Munari “essi dovrebbero dare la sensazione che i
libri sono degli oggetti fatti così e che hanno dentro delle sorprese molto
varie. La cultura è fatta di sorprese, cioè di quello che prima non si sapeva,
e bisogna essere pronti a riceverle e a non rifiutarle (…)” (Munari
B., Da cosa nasce cosa: appunti per una
metodologia progettuale).
Sono fatti con carte colorate lucide o opache,
legno, plastica rigida, cartone cuoio, panno, fibralin, vipla e all’interno si
possono trovare fili, piume, bottoni, buchi o immagini.
Questi libretti sono solo degli stimoli che offrono l’opportunità di inventarsi ogni volta delle storie diverse.
A: Ma a che cosa serve un libro ?
B: A comunicare il sapere, o il piacere,
comunque ad aumentare la conoscenza del mondo.
A: Quindi, se ho ben capito, serve a vivere meglio.
B: Spesso si.
Munari
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