I greci dicevano che la meraviglia è l'inizio del sapere e allorché cessiamo di meravigliarci corriamo il rischio di cessare di sapere.

Ernst H. Gombrich

“L’albo illustrato è la prima galleria d’arte che il bambino visita.” Pacovská



Kvĕta Pacovská è un’artista nata nel 1928 a Praga. Si è diplomata all’Accademia di Arti Applicate e ha lavorato principalmente come artista, sperimentando soprattutto l’arte concettuale. Nel 1960 ha iniziato a dedicarsi ai libri per l’infanzia che ha sempre inteso come oggetti d’arte. Nelle sue opere è evidente l’ispirazione ad artisti quali Kandinskij, Schwitters, Klee, Miró, Mondrian, Balla, Depero e Picasso. 
La 
Pacovská è un’artista caratterizzata da una grande creatività. I suoi libri per l’infanzia sono concepiti come opere d’arte tridimensionali, dove il bambino scopre mondi immaginari attraverso buchi, trasparenze e colori che si rifanno alla corrente astratta. Le sue illustrazioni sono caratterizzate da forti contrasti e colori accesi in cui spesso domina il colore rosso. La tecnica del collage, molto amata dall'artista, viene spesso utilizzata nei suoi lavori, con grande originalità.


Il piccolo re dei fiori, uscito nel 1991 è un libro iconograficamente molto innovativo. Al centro, la copertina presenta un insieme di elementi apparentemente casuali e un piccolo buco, attraverso il quale vediamo il piccolo Re dei fiori. È la storia di un Re che sta cercando la sua principessa perché capisce di avere il cuore vuoto come un giardino senza fiori. Viaggia sulla sua colomba, finchè incontra un tulipano da dove sente la vocina della sua principessa che lo chiama.


Il Re riporta la principessa nel suo palazzo, dove vengono gloriosamente accolti e si sposano. Nell’ultima pagina de libro ritroviamo il piccolo buco con al centro Re e Regina felicemente insieme.
Le immagini del libro hanno uno stile molto infantile, assomigliano spesso a scarabocchi e sono accostate, a volte, ad elementi imprevedibili (ad esempio ritagli di giornale), che però si mescolano al racconto senza stonare. Sono tratti del libro lontanissimi dalla tradizione contemporanea, invasa dalla cultura Disney che blocca la curiosità, caratteristica soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Le delicate illustrazioni di 
Kvĕta Pacovská stimolano invece l’immaginazione del bambino e diventano pertanto la prima galleria d'arte che egli visita.





Komagata e la serie Little eyes

I libri per bambini ideati da Komagata nascono dal desiderio di mettere in scena, attraverso il gioco, la sorpresa, e la scoperta, una sorta di complicità con i suoi giovani lettori. La comunicazione non avviene solo attraverso la trasmissione di contenuti, ma anche attraverso il legame che si crea tra elementi, immagini e figure che insieme fanno nascere qualcosa che non c’è.
I suoi libri sono concepiti come oggetti a tre dimensioni, dove grande importanza è data all’uso della carta che diventa un medium raffinato, sulla quale forme o colori diventano un gioco. Come nel gioco, stupore e meraviglia sono parte di queste piccole opere d’arte e sono sentimenti che nascono sfogliando le pagine, con la curiosità che fa parte dei bambini, sapientemente stimolata da Komagata.
Lo sguardo si sposta sull’immagine in verticale, orizzontale o in diagonale, dal centro ai margini, o viceversa, da una figura all’altra. Le forme invece, possono costruirsi e disfarsi, aprirsi e ripiegarsi, crescere e decrescere.
Sollevare, ripiegare, avvolgere, incastrare, sono solo alcune delle azioni che questi libri ci permettono di fare. Con entrambe le mani, i bimbi sfogliano le pagine una dopo l’altra, mentre gli occhi seguono questi movimenti e le sorprese che pian piano vengono svelate. La lettura diviene quindi un momento attivo, dinamico.



Komagata non rispetta la tradizionale concezione dell’oggetto libro che invece va sperimentato in maniera diversa, originale.
Komagata concepisce il libro come il primo incontro tra il bambino e il mondo visivo, con i codici che gli appartengono. Forme, colori, contrasti, volumi, ritmi, moltiplicazione, vengono comunicati con la semplicità che è caratteristica dell’artista. Attraverso la semplicità delle forme, l’artista riesce a mostrare la complessità dei loro rapporti. Comunica con concetti chiari e diretti, utilizzando la loro essenza.
Le sue immagini rispettano la rappresentazione ideale della realtà, ma allo stesso tempo mettono in discussione la percezione e le conoscenze del lettore. Invitano a osservare, riflettere e a cambiare il punto di vista sulle cose e ci fanno capire che la realtà stessa è piena di possibilità da scoprire.
Con grande semplicità, l’artista giapponese mostra come nel nostro mondo, la visione delle cose è soltanto parziale e non assoluta. Con poche mosse ci aiuta a scoprire immagini nascoste e ad avere uno sguardo più audace, che non si fa ingannare dall’apparenza.


Little eyes è una serie di libretti per bambini molto piccoli. Questi libri sono nati inizialmente con lo scopo di instaurare una relazione speciale con sua figlia, per poi essere concepiti come delle piccole opere d’arte. Con lei li ha sperimentati, annottando le risposte agli stimoli che questi libri le provocavano e valutandone l’efficacia. Infatti, dall’osservazione delle reazioni della piccola Aï durante la lettura, Komagata continua le sue ricerche e progetta libri che hanno l’obiettivo di provocare il piacere per la sorpresa della scoperta. Il titolo è un gioco di parole sul nome di sua figlia Aï, che si pronuncia esattamente come “occhio” e “io” in inglese, mentre in giapponese “ai” significa amore.
Sono dieci libri senza testo, indipendenti uno dall’altro perché raccontano un tema o un concetto diverso, ma allo stesso tempo fra loro collegati perché vanno a formare un unico grande libro di esperienze. Nell’intera serie affronta linguaggi e strumenti dell’arte: il disegno, la forma, il colore, la superficie, il volume, il ritmo, il pieno e il vuoto.
Sono libri che quindi sviluppano una buona capacità di osservazione e attenzione, perché quando si incontra l’inaspettato questo trasforma il resto degli eventi e cambia il corso delle storie. I suoi libri sono da guardare, leggere, toccare, da sentire con tutti i sensi e proprio per questo le forme, i colori e le carte che utilizza sono fondamentali per favorire l’esperienza tattile e visiva.

I libri per bambini di Bruno Munari

Bruno Munari diventa padre nel 1940. Stimolato dal suo rapporto col figlio Alberto, inventa libri per bambini estremamente innovativi, che avranno un grande successo di pubblico e verranno ristampati in diverse lingue.
I suoi studi sul design e sulla comunicazione visiva gli hanno permesso di sperimentare differenti linguaggi e progettare libri per i più piccoli. L’originalità delle sue invenzioni ha influenzato molti autori e illustratori contemporanei, ma soprattutto, i suoi libri hanno dato una svolta importante nel campo dell’educazione allo sguardo e della didattica.

I Libri illeggibili creati nel 1949, nascono da una riflessione sull’idea dell’oggetto-libro. Sono libri che tralasciano completamente la comunicazione testuale ed utilizzano soltanto quella visiva. La novità, è che oltre al senso della vista viene stimolato anche il senso del tatto, che comunica al bambino la diversità dei materiali con cui i libri sono costruiti. Sono libri incentrati quindi sulla percezione dell’oggetto, sperimentando un nuovo modo di comunicare con i più piccoli.
Su questi libri Munari scrive: “Questo è un problema di sperimentazione delle possibilità di comunicazione, visiva del materiale editoriale e delle sue tecniche. (…) Lo scopo di questa sperimentazione è stato quello di vedere se è possibile usare il materiale col quale si fa un libro (escluso il testo) come linguaggio visivo. Il problema quindi è: si può comunicare visivamente e tattilmente, solo con i mezzi editoriali di produzione di un libro? Ovvero: il libro come oggetto, indipendente dalle parole stampate, può comunicare qualcosa? E che cosa? (Munari B., Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia progettuale).
Sperimenta dunque tutti i tipi di carte possibili per vedere le loro qualità e le loro possibilità. Sperimenta anche i formati delle pagine che, tutti uguali comunicano monotonia, mentre diversi danno più ritmo, perciò organizza l’andamento dei tagli delle pagine, in verticale, orizzontale o obliquo. Sperimenta infine, i colori delle pagine che aumentano ulteriormente l’effetto ritmico e creano, sovrapponendosi, nuove forme. Questi libri non hanno un ordine visivo, ma si possono leggere cominciando da qualunque pagina, pertanto la lettura stessa avrà delle combinazioni ogni volta diverse.

Dalle sperimentazioni sulle possibilità visive della carta nascerà Nella nebbia di Milano, edito nel 1968 dalla Emme Edizioni. Questo libro racconta di un viaggio attraverso una fitta nebbia resa dall’effetto trasparente della carta da lucido, attraverso il paesaggio metropolitano della città di Milano e che ci porta al circo, un insieme di pagine colorate e divertenti con strani personaggi circensi intenti a fare delle prove bizzarre e incredibili per lo spettacolo, per poi tornare a casa attraversando il parco, sempre immersi nella nebbia. La carta diviene parte della narrazione e della percezione dell’ambiente in cui si svolge la vicenda e invita il bambino a scorrere le pagine per comporre il gioco visivo messo in atto dall’artista. Gli occhi scoprono i giochi di trasparenza e la nebbia, per il piacere del bambino, diventa quasi tattile.


I Prelibri di Munari arrivano molto più tardi. Vengono pubblicati nel 1980, ma sono il risultato delle sperimentazioni tattili e visive di cui abbiamo appena parlato.
Questi libretti sono stati pensati per rispondere ad un problema: “Sono più di quanto non si creda le persone che non hanno mai letto un libro. (…) Esse non sanno che nei libri c’è il sapere, che grazie ai libri l’individuo può aumentare le conoscenze dei fatti e capire molti aspetti di quello che succede, che i libri possono svegliare altri interessi, che i libri aiutano a vivere meglio. (Munari B., Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia progettuale).
Pertanto i Prelibri sono destinati a bambini molto piccoli che non sanno ancora leggere e che, ricordando gli insegnamenti di Piaget, sono predisposti, nei primi anni di vita, a conoscere il mondo che li circonda soprattutto attraverso tutti i loro recettori sensoriali. Sono particolarmente attenti alle sensazioni, oltre che visive e sonore, anche tattili, materiche, olfattive, termiche. I Prelibri offrono appunto questa varietà di stimoli, sensazioni e emozioni, grazie ai diversi materiali con cui sono costruiti, ai colori, alle rilegature e alla loro esplorazione attraverso il gioco. Scrive Munari “essi dovrebbero dare la sensazione che i libri sono degli oggetti fatti così e che hanno dentro delle sorprese molto varie. La cultura è fatta di sorprese, cioè di quello che prima non si sapeva, e bisogna essere pronti a riceverle e a non rifiutarle (…)(Munari B., Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia progettuale).  
Sono fatti con carte colorate lucide o opache, legno, plastica rigida, cartone cuoio, panno, fibralin, vipla e all’interno si possono trovare fili, piume, bottoni, buchi o immagini.


Ogni libro ha un messaggio diverso. Non si tratta di storie o favole che i bambini amano farsi ripetere tante volte, ma che in questo modo non danno la possibilità di stimolare la creatività di un bambino, anzi “così si distrugge nel bambino la possibilità di avere un pensiero elastico, pronto a modificarsi secondo l’esperienza e la conoscenza. Bisogna, fin che si è in tempo, abituare l’individuo a pensare, a immaginare, a fantasticare, a essere creativo. (Munari B., Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia progettuale).
Questi libretti sono solo degli stimoli che offrono l’opportunità di inventarsi ogni volta delle storie diverse.



A: Ma a che cosa serve un libro ?
B: A comunicare il sapere, o il piacere,
comunque ad aumentare la conoscenza del mondo.
A: Quindi, se ho ben capito, serve a vivere meglio.
B: Spesso si.

Munari