I greci dicevano che la meraviglia è l'inizio del sapere e allorché cessiamo di meravigliarci corriamo il rischio di cessare di sapere.

Ernst H. Gombrich

Dare forma



Nike di Samotracia
II sec a.C. Parigi, marmo, Musée du Louvre, Parigi.
La vittoria alata, divinità greca, colta probabilmente nell’atto di spiccare il volo, si slancia in avanti cercando di contrastare un forte vento che gioca con i suoi abiti, facendoli aderire con forza al bellissimo corpo femminile, mentre i panneggi rendono la leggera trasparenza della stoffa che fa intravedere i seni prorompenti e le curve morbide del suo ventre.




 Laocoonte con i figli
Agesandro, Atenodoro e Polidoro di Rodi, 175 - 150 a.C., marmo, Musei Vaticani, Roma.
Questo gruppo scultoreo rappresenta una scena drammatica, descritta nell'Eneide, che racconta una delle crudeli e frequenti punizioni degli antichi dei contro gli uomini. Il sacerdote troiano Laocoonte colpevole di essersi opposto all'ingresso del cavallo di legno in cui si nascondevano i soldati greci nella città di Troia, viene punito dagli dei che, vedendo ostacolati i loro progetti di distruggere la città, mandano due giganteschi serpenti marini a soffocare lui e i suoi due figli.
La scultura ellenistica è caratterizzata dalla ricerca di un realismo estremo anche nel riprodurre i sentimenti umani e in questo caso la sofferenza della lotta disperata tra l'uomo e la bestia. Nel 1506, quando l'opera fu riscoperta, il modo in cui i muscoli del tronco e delle braccia rendono lo sforzo fisico, ha sconcertato e provocato ammirazione tra gli amanti dell'arte dell'epoca.




 Ratto di Proserpina
Gian Lorenzo Bernini, 1621 – 1622, marmo, Galleria Borghese, Roma.
La storia, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, narra che il dio degli inferi, Plutone, durante una visita sulla terra intravide la bellissima Proserpina e «si precipitò verso di lei, che, scortolo, così nero e gigantesco, con quegli occhi di fuoco e le mani protese ad artigliarla, fu colta dal terrore e fuggì leggera assieme alle compagne... Il dio dell'Ade, in due falcate le fu addosso e l'abbracciò voracemente e via col dolce peso;(…)».
La madre della fanciulla, Cerere, dea della terra e della fertilità, disperata per la scomparsa di Proserpina, chiese invano a Giove di far ritornare la figlia dagli inferi. Al rifiuto di Giove, fece calare una grande siccità sulla terra, finchè ottenne la liberazione di Proserpina per sei mesi all’anno. I restanti sei mesi, Proserpina doveva ritornare negli inferi mentre sulla terra cadeva il freddo e il gelo a causa del dolore della madre.
Bernini scolpisce un potente Plutone mentre abbraccia “voracemente” la bella Proserpina per rapirla. Le mani del dio affondano sulle cosce della fanciulla e il marmo con le quali sono fatte si trasforma in modo così naturale sotto la forza del suo gesto, quasi fossero di carne viva. 




Amore e Psiche giacenti
Antonio Canova, 1787/1793, marmo, Louvre, Parigi.
Questo mito racconta la storia della giovane mortale Psiche, che diventa sposa a sua insaputa del divino Cupido, il quale si innamora della sua indescrivibile bellezza che scatenerà la gelosia di Venere. Istigata dalle invidiose sorelle, Psiche scopre la vera identità del suo sposo e viene costretta a superare delle prove per ottenere l’immortalità e ricongiungersi con il suo Amore. Superate le prove Psiche diviene una dea e sposa Cupido.
Canova rappresenta la dolcezza dell’attimo subito precedente al bacio, mentre Cupido contempla con amore il volto di Psiche e i loro corpi giovani e perfetti, secondo i canoni dell’estetica classica, si intersecano in un abbraccio eterno. Un momento carico di tenerezza e di tensione in una sorta di equilibrio tra sentimento e passione carnale.




 Aetas aurea (Donna con bimbo)
Medardo Rosso, 1886, cera, Gam, Torino.
L’Età aurea rappresenta l’attimo felice di una madre (la moglie dell’artista) mentre abbraccia il loro figlio. I due volti quasi si fondono nell’abbraccio ed è la luce ad avere il compito di dare forma e significato alla materia. Il risultato finale è l’impressione di un momento passeggero e autentico catturato alla quotidianità. Il linguaggio immateriale delle sculture di Medardo Rosso esprime la condizione interiore del soggetto e l’atmosfera che si crea attorno alle sue sculture trasmette i sentimenti umani più profondi.




 Il bacio
Auguste Rodin, 1888-1889, marmo, Musée Rodin, Parigi.
L'opera raffigura la sventurata unione tra Paolo e Francesca, narrata nel V Canto della Divina Commedia di Dante. La coppia rappresentata nel momento precedente al bacio, è nuda e seduta su una roccia. Percorrendo l’opera con lo sguardo, vediamo che i due corpi si toccano e si uniscono con un erotismo che fece scandalo all'epoca. Secondo Rodin l’opera era conclusa nel momento in cui il fine artistico fosse stato raggiunto. Grande studioso appassionato di Michelangelo, le sue statue non sono mai rifinite esteriormente ma preferiva lasciare allo spettatore la conclusione dell’opera. 




 L’aviatore
Arturo Martini, 1931/1932, terra refrattaria, collezione privata.
L’Aviatore è stato esposto per la prima volta alla Biennale veneziana nel 1932 e non è stato ampiamente apprezzato proprio perché era molto lontano dalle opere che celebravano il regime fascista e l’eroismo delle imprese dell’aviazione italiana.
Martini raffigura un nudo maschile che sfida la gravità poggiando a terra in un solo punto invisibile e stando in un equilibrio apparentemente precario. I muscoli del corpo, le gambe tese in avanti, la testa all'indietro e i pugni stretti, emanano una forte energia. Lo scultore vuole rappresentare il volo simbolico, carico di ebbrezza e determinazione. I personaggi di Martini assumono una forma arcaica ed essenziale, e il riferimento ai miti del passato viene fuso in una visione più umana, vicina ai sentimenti più semplici.




 Re e Regina
Henry Moore, 1952/53, bronzo, Glenkiln Sculpture Park, Scozia.
Una coppia solenne esaltata nell'immensità dello spazio aperto del parco dove è stata collocata. Il soggetto dell’opera non è ispirato ad un modello, ma è venuto fuori per caso mentre l’artista giocava con un piccolo pezzo di cera. Il risultato potrebbe essere inconsciamente collegato al fatto che in quel periodo Moore leggeva spesso storie di re, regine e principesse a sua figlia Mary.
I personaggi hanno un taglio primitivo e la materia è concepita per sintesi, acquisendo una propria unicità. Gli scultori moderni non vogliono più semplicemente copiare il reale, ma vogliono creare qualcosa che non esisteva prima e che sentono essere più reale dei soggetti della propria esistenza.




 Torso dei Pirenei
Jean Arp, 1959, gesso, Staatsgalerie, Stoccarda.
Le sculture di Arp partono dall'osservazione della realtà che viene però idealizzata in forme sempre più libere ed essenziali. Il Torso dei Pirenei è un'opera di estrema purezza e sensualità, nella quale il marmo ben levigato infonde energia e movimento. Soggetto e metamorfosi si sovrappongono, senza mai arrivare a forme completamente astratte, ma anzi molto vicine al mondo naturale.




 Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969
Alighiero Boetti, 1969, cemento e farfalla, collezione privata.
La sagoma di un corpo umano formata da blocchi di creta essiccata al sole su cui è impressa la mano dell’artista, è stesa a terra. Sul petto, appena visibile, è appoggiata una farfalla delicata, che contrasta con il pesante cemento. Due elementi che entrano in opposizione: il duraturo con il fragile, stabile e instabile, immagine dell’uomo e della sua relazione con il mondo circostante.




It is, It isn’t
Tony Cragg, 2010, marmo, collezione privata.
è una scultura che si sviluppa verticalmente, strato dopo strato, i cui lineamenti alludono a volti, corpi in continua evoluzione. L’opera gira vorticosamente su sé stessa, trasforma costantemente i punti di vista, si  modella davanti agli occhi dello spettatore. La scultura secondo Cragg è “pensante”, può rivelare quello che c’è o non c’è ma potrebbe esistere e ci sfugge. L'intenzione dell’artista è quella di creare relazioni nuove tra il mondo materiale delle sue sculture e le persone, per questo i suoi lavori sembrano mutare continuamente nello spazio trascinando con sé l’immaginazione del visitatore.


« Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima. »

(Bruno Munari, Verbale scritto, 1992)